SULLA NULLITA’ DELLA DELIBERA CHE RENDE UN BENE COMUNE INSERVIBILE AI CONDOMINI

Costituisce innovazione vietata ai sensi dell’art. 1120, comma 2, c.c., l’assegnazione ad un singolo condomino, in via esclusiva e per un tempo indefinito di un locale sottotetto di condominiale, in quanto determina una limitazione dell’uso e del godimento che gli altri condomini hanno diritto di esercitare sul bene comune, con conseguente nullità della relativa delibera.
Questa la massima di cui alla sentenza n.33037 del 19/12/2018, nella cui motivazione la Suprema Corte afferma che:
… l’art. 1120, comma 2, c.c. (formulazione ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell’utilità, secondo la originaria costituzione della comunione. Tale concetto di inservibilità della parte comune è costituito dalla concreta inutilizzabilità della”res communis” secondo la sua naturale fruibilità, ovvero dalla sensibile menomazione dell’utilità che il condomino precedentemente ricavava dal bene (cfr. Cass. Sez. 2, 12/07/2011, n. 15308; Cass. Sez. 2, 25/10/2005, n. 20639).
Costituisce perciò innovazione vietata ai sensi dell’art. 1120, comma 2, c.c., l’assegnazione ad un singolo condomino, in via esclusiva e per un tempo indefinito (come accertato in fatto dai giudice del merito), di un locale sottotetto di condominiale, in quanto determina una limitazione dell’uso e del godimento che gli altri condomini hanno diritto di esercitare sul bene comune, con conseguente nullità della relativa delibera. La destinazione integrale di un sottotetto, per effetto di opere di modifica strutturale, all’uso e alla comodità esclusiva di un singolo condomino sacrifica del tutto le esigenze dei rimanenti comproprietari, e perciò impone l’unanimità dei consensi dei partecipanti (arg. da Cass. Sez. 2, 27/05/2016, n. 11034; Cass. Sez. 2, 14/06/2006, n. 13752). E’ certamente da qualificare nulla la deliberazione, vietata dall’art. 1120 c.c., che sia lesiva dei diritti individuali di un condomino su una parte comune dell’edificio, rendendola inservibile all’uso e al godimento dello stesso, trattandosi di delibera avente oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea (arg. da Cass. Sez. U, 07/03/2005, n. 4806; Cass. Sez. 2, 24/07/2012, n. 12930; Cass. Sez. 6-2, 14/9/2017, n. 21339; Cass. Sez. 2, 25/06/1994, n. 6109).
Alle deliberazioni prese dall’assemblea condominiale si applica, peraltro, il principio dettato in materia di contratti dall’art.1421 c.c., secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d’appello, il potere di rilevarne d’ufficio la nullità, ogni qual volta la validità (o l’invalidità) dell’atto collegiale rientri tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (Cass. Sez. 2, 17/06/2015, n. 12582; Cass. Sez. 2, 12/01/2016, n. 305; Cass. Sez. 6 -2, 15/03/2017, n. 6652).
La sentenza integrale è visionabile qui.
(8 m.ti w-l)

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