ANCORA IN TEMA DI VINCOLI DI DESTINAZIONE SU BENI ALTRUI

Le obbligazioni propter rem non possono essere create dell’autonomia privata, ma costituiscono un numero chiuso legislativamente previsto.

E’ questo il principio espresso dalla recente Cassazione 26987 del 24 ottobre 2018.

Il caso: costituitosi il condominio, un condomino, con rogito 4 dicembre 1941, concede il proprio immobile in uso al Condominio, dietro corrispettivo di 50 lire al mese, perché “fosse adibito in perpetuo ad alloggio del portiere”. A distanza di anni, l’immobile in questione viene venduto ad una società che fa cessare la destinazione ad alloggio del portiere tale immobile, e quindi rivende l’immobile a terzi.

Il condominio agisce quindi in giudizio per ottenere il rilascio dell’immobile in questione adducendo che su di esso gravasse un vincolo perpetuo di destinazione a casa di abitazione del portiere, come da rogito del 4 dicembre 1941, nel quale l’originario proprietario aveva disposto in tal senso dietro corrispettivo mensile, e che la società aveva sottratto l’immobile alla indicata destinazione.

Le corti di merito danno ragione al condominio, che accertano che il vincolo di destinazione costituiva un’obbligazione propter rem, con ordine di rispettare il vincolo e rilasciare l’immobile in favore del condominio.

La questione giunge alla Suprema Corte che, però, ribalta le sentenze di merito, dichiarando che:

L’obbligazione propter rem, come suggerisce la stessa denominazione, è figura giuridica che indica situazioni di carattere obbligatorio – caratterizzate quindi dall’agere necesse – la cui peculiarità è data dal fatto che la qualità di debitore discende da quella di proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento. La causa di tali obbligazioni è riconducibile ad esigenze di carattere generale, collegate alla titolarità o contitolarità del diritto reale, e si specifica in funzione dell’esercizio o della conservazione di un diritto altrui – come previsto, nella disciplina delle servitù, dagli artt. 1030, 1069, secondo comma, 1091 cod. civ., o, in alternativa, al principio generale ubi commoda eius et incommoda, secondo il quale chi gode di determinati vantaggi non può non subire gli eventuali riflessi negativi di tale godimento (così è nei casi previsti dagli artt. 882, 894, 896, 1104 cod. civ.). La necessaria connessione con la situazione di realità – proprietà o altro diritto reale di godimento – determina l’accessorietà dell’obbligazione pro pter rem e la sua ambulatorietà.

Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, le obbligazioni propter rem sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che possono sorgere per contratto solo nei casi e con il contenuto espressamente previsti dalla legge (ex plurimis, Cass. 26/02/2014, n. 4572; Cass. 04/12/2007, n. 25289; Cass. 02/01/1997, n. 8; Cass.20/08/1993, n. 8797; Cass. 29/04/1975, n. 1666; Cass. 19/10/1957, n. 3982)….vale a dire che non possono essere liberamente costituite dall’autonomia privata, ma sono ammissibili solo nei casi voluti dalla legge, e cioè quando una norma giuridica consente che, in relazione ad un determinato diritto reale ed in considerazione di esigenze permanenti di cooperazione o di tutela di interessi generali, il soggetto si obblighi ad una prestazione accessoria, che può consistere anche in un facere (così, in motivazione, Cass. n. 8 del 1997, già citata). L’orientamento restrittivo, affermatosi a partire dagli anni ’50 (Cass. 18/01/1951, n. 141), trova la ragion d’essere nell’esigenza di preservare il più possibile la natura di diritto pieno ed esclusivo della proprietà, quale riflesso del diritto di libertà individuale, onde la sottrazione all’autonomia privata del potere di prevedere liberamente tali obbligazioni al di fuori dei casi tassativamente indicati dalla legge.

La fattispecie oggetto della presente controversia non è riconducibile alla categoria dell’obligatio propter rem. In primo luogo va chiarito che non sussistono i presupposti per l’applicazione dei principi in tema di condominio ….Dirimente è la circostanza che l’immobile in questione non era stato destinato ad alloggio del portiere al momento della costituzione del condominio, essendo ab origine di proprietà esclusiva di uno dei condomini. Il vincolo di destinazione venne impresso con rogito del 4 dicembre 1941, con il quale il condominio proprietario concesse l’immobile in uso al Condominio, dietro corrispettivo di 50 lire al mese, perché fosse adibito in perpetuo ad alloggio del portiere. L’obbligazione così assunta dall’allora proprietario non è sussumibile nel novero delle obbligazioni propter rem stante la mancanza del requisito della tipicità: non esiste, infatti, una disposizione di legge che contempla l’obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile.

La sentenza in commento si inserisce in un recente orientamento volto a minimizzare il più possibile l’esistenza di vincoli di destinazione su immobili, essendo questi gravi limitazioni del diritto di proprietà.

Ne avevamo già parlato in questo nostro articolo.

L’arresto si apprezza poi per l’escursus sulla tipologia della cd. obbligazione propter rem, giustamente facendo intendere che in verità, più che una obbligazione reale, si tratterebbe nel caso in esame di una obbligazione personale, come nascente da una locazione, che non può essere perpetua.

Leggi il testo integrale della sentenza qui.

(10 m.ti w-l)

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