COMPETENTE A REVOCARE UN AMM.RE E’ IL GIUDICE DEL LUOGO IN CUI RISIEDE L’AMM.RE, E NON QUELLO DEL CONDOMINIO

I provvedimenti in tema di revoca dell’amm.re di condominio sono di competenza del Giudice del luogo in cui ha sede, domicilio o residenza l’amm.re stesso, e non quello del luogo in cui si trova il condominio amministrato.

Tale provvedimento di revoca non è, poi, ricorribile in Cassazione, in quanto provvedimento privo del carattere di  decisorietà e definitività.

Ad affermarlo è, in sede di regolamento di competenza, la Cassazione con recente Ordinanza n.8656 del 4 aprile 2017.

Il caso: un condomìno di un complesso edilizio in Brancaleone ricorreva al Tribunale di Locri chiedendo la revoca dell’amm.re di condominio, una s.r.l. con sede in Bologna, la quale eccepiva l’incompetenza per territorio del Tribunale di Locri e la competenza territoriale, ex art. 19 c.p.c., del Tribunale di Bologna.

Il Tribunale di Locri revocava la s.r.l. dalla carica di amministratore, ma la Corte di appello di Reggio Calabria dichiarava l’incompetenza per territorio del tribunale di Locri e la competenza del tribunale di Bologna, evidenziando che la controversia non era riferibile all’ “ambito condominiale“, giacché al condomino l’amministratore si contrapponeva non già quale rappresentante degli altri condomini, ma in dipendenza di un suo personale interesse, per cui non era destinata ad operare la previsione dell’art. 23 cod. proc. civ..

Adita la Suprema Corte di Cassazione, questa rileva ora l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso il decreto della corte di appello, trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione (sostitutivo della volontà assembleare, per l’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela dell’interesse alla corretta gestione dell’amministrazione condominiale in ipotesi tipiche – contemplate dall’art. 1129 cod. civ. – di compromissione della stessa) che, pur incidendo sul rapporto di mandato tra condomini e amministratori, non ha carattere decisorio, non precludendo la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio contenzioso, del diritto su cui il provvedimento incide (cfr. Cass. (ord.) 1.7.2011, n. 14524; Cass. (ord.) 27.2. 2012, n. 2986).

Ribadisce la Corte poi l’insegnamento a tenor del quale la pronuncia sulla competenza contenuta in un provvedimento camerale privo di decisorietà e definitività non è impugnabile con il regolamento di competenza ad istanza di parte, atteso che l’affermazione o la negazione della competenza è preliminare e strumentale alla decisione di merito e non ha una sua natura specifica, diversa da quest’ultima, tale da giustificare un diverso regime di impugnazione e da rendere ipotizzabile un interesse all’individuazione definitiva ed incontestabile del giudice chiamato ad emettere un provvedimento privo di decisorietà e definitività (cfr. Cass. (ord.) 14.5.2013, n. 11463; Cass. (ord.) 3.1.2013, n. 49, secondo cui è inammissibile il regolamento di competenza, ad istanza di parte o d’ufficio, proposto avverso provvedimenti che non abbiano carattere definitivo e decisorio, quali devono ritenersi quelli emessi in sede di volontaria giurisdizione, aventi ad oggetto la limitazione o l’esclusione della potestà genitoriale ex art. 317 bis cod. civ., pure ove pronuncino solo sulla competenza).

Si tratta di orientamento oramai costante, che trae le mosse dalla Cass. civ., Sez. Unite, 29/10/2004, n. 20957, che ebbe così a deliberare:

È inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio ai sensi degli artt. 1129 cod. civ. e 64 disp. att. cod. civ., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione (sostitutivo della volontà assembleare, per l’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela dell’interesse alla corretta gestione dell’amministrazione condominiale in ipotesi tipiche – contemplate dall’art. 1129 cit. – di compromissione della stessa) che, pur incidendo sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore, non ha carattere decisorio, non precludendo la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio contenzioso, del diritto su cui il provvedimento incide; tutela che, per l’amministratore eventualmente revocato, non potrà essere in forma specifica, ma soltanto risarcitoria o per equivalente (non esistendo un diritto dell’amministratore alla stabilità dell’incarico, attesa la revocabilità in ogni tempo, in base all’art. 1129, secondo comma, cod. civ.), onde la diversità dell’oggetto e delle finalità del procedimento camerale e di quello ordinario, unitamente alla diversità delle rispettive “causae petendi”, così come impedisce di attribuire efficacia vincolante al provvedimento camerale nel giudizio ordinario, del pari non consente di ritenere che il giudizio ordinario si risolva in un sindacato del provvedimento camerale. È viceversa ammissibile il ricorso per cassazione avverso la statuizione, contenuta nel provvedimento, relativa alla condanna alle spese del procedimento, la quale, inerendo a posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo rispetto a quello in esito al cui esame è stata adottata, ha i connotati della decisione giurisdizionale e l’attitudine al passaggio in giudicato indipendentemente dalle caratteristiche del provvedimento cui accede.

Il testo integrale della sentenza è consultabile qui.

(16 m.ti w-l)

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