CONSORZI DI URBANIZZAZIONE E RECUPERO DEI CREDITI

In caso di consorzio, trattandosi di istituto non disciplinato dalla legge, è determinante la volontà espressa nello statuto costitutivo.
Il caso: Il CONSORZIO DI GESTIONE GIARDINO DI ROMA – costituito nel 2004 tra i proprietari delle aree edificabili del comprensorio urbanistico “Giardino di Roma”, per la manutenzione, la gestione e l’esercizio delle opere di urbanizzazione di esso – aveva ottenuto nel 2008 il decreto ingiuntivo n. 11338/2008 per il pagamento di contributi arretrati pari a C 24.621,07 nei confronti del CONDOMINIO “A” e “B” di VIA P.S..
Il suddetto Condominio proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto mero ente di gestione dell’edificio, mentre obbligati sarebbero stati solo i singoli consorziati, e cioè i singoli condomini; tale opposizione veniva accolta in primo grado dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello, la quale affermava che i contributi consortili fossero dovuti dai singoli proprietari consorziati.
La vicenda approda alla Suprema Corte, che con arresto n.2694 del 30 gennaio 2019 così si pronuncia:
Appare pacifico che la natura del ricorrente sia quella dei consorzi di urbanizzazione, consistente in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche, preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi. Esso appartiene dunque a quelle figure atipiche, nelle quali i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità, sicché il giudice, nell’individuare la disciplina applicabile, deve avere riguardo, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga, alla normativa delle associazioni o della comunione (ex plurimis, Cass. n. 3389 del 2018; Cass. n. 13369 del 2017; Cass. n. 9568 del 2017; Cass. n. 18939 del 2016; Cass. n. 7427 del 2012). Assumendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie (Cass. n. 1277 del 2003) è, pertanto, a tale volontà che va fatto pregiudiziale riferimento.
La sentenza impugnata si è limitata ad escludere che il Condominio abbia «lo status di consorziato» e sia «quindi obbligato in relazione ai contributi consortili», confermandoli «dovuti invece dai singoli proprietari consorziati», da ciò traendo, in modo apodittico la conseguente «carenza di legittimazione
passiva del Condominio». Così deliberando, tuttavia, la Corte di merito non distingue (con ciò violando le norme evocate) tra titolarità ed esercizio dei diritti consortili, che lo statuto esplicitamente prevede e disciplina, in cui, viceversa, l’amministratore viene specificamente menzionato quale soggetto legittimato (tanto dal lato attivo quanto da quello passivo) all’«esercizio dei diritti consortili» (di gestione, erogazione e riscossione delle relative quote). D’altro canto, nella specie, non viene in gioco alcuna incidenza negativa sul profilo della realità che connota la figura atipica de qua, né sul versante della responsabilità dei condomini, in riferimento alle obbligazioni assunte dal Condominio nei confronti di terzi, che rimane retta dal criterio di parziarietà (Cass. sez. un. n. 9148 del 2008; Cass. n. 14530 del 2017).
La sentenza integrale è visionabile qui.
(10 m.ti w-l)

TEAMACAI

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