VIETATO UNIRE LOCALI DI CONDOMINII DIVERSI

Impossibile unire due unità immobiliari confinanti ove le stesse appartengano a edifici condominiali diversi.

Non è, infatti, permesso, aprendo un varco nel muro perimetrale, collegare due appartamenti facenti parte di differenti condominii, perché operando in tal modo verrebbe utilizzata in maniera indebita una parte comune, creando i presupposti per il sorgere di una servitù di passaggio.

Lo ha ribadito la Corte di cassazione con la sentenza n. 10606 (depositata il 15 maggio 2014), affrontando un giudizio promosso nei confronti di un condomino che aveva aperto una porta nel muro condominiale all’interno del proprio appartamento per unire lo stesso ad altra unità immobiliare, sempre di sua proprietà ma sita nel condominio confinante.

Nel caso in questione i giudici di legittimità hanno integralmente confermato le precedenti decisioni di merito, con ulteriore condanna alle spese della parte che aveva operato l’apertura nel muro condominiale. Dagli atti di causa emergeva, infatti, in maniera certa la circostanza che le unità immobiliari messe in comunicazione dall’apertura di un varco nel muro perimetrale appartenevano a edifici condominiali distinti e che la comunione del predetto muro derivava dall’applicazione delle norme sulla costruzione in aderenza di cui all’art. 874 c.c..

Sulla base di ciò la Suprema corte ha quindi ritenuto di condividere la decisione del giudice di primo grado, secondo la quale le aperture praticate dal condomino nel muro comune per mettere in collegamento unità immobiliari di sua proprietà, poste però in due diversi edifici condominiali, costituivano un uso indebito della cosa comune, alterando la destinazione del muro e incidendo sulla sua funzione di recinzione, potendo inoltre dar luogo a una servitù di passaggio a carico della proprietà condominiale.

La decisione della Cassazione è in linea con le precedenti sentenze emesse su questioni analoghe.

Se, infatti, da un lato rientra nelle facoltà di godimento del bene comune l’uso del muro perimetrale da parte dei singoli condomini per l’apertura di varchi e passaggi che ne rendano più comodo l’utilizzo, dall’altro occorre rispettare una serie di limitazioni che, al contrario, servono a tutelare il pari diritto degli altri comproprietari di fare uso del bene. Si pensi, per esempio, al caso in cui tale operazione possa addirittura compromettere la stabilità dell’edificio o alterarne il decoro architettonico.

Un altro limite deriva poi dalla possibile alterazione della condizione giuridica del bene dalla quale derivi una diminuzione o una compressione dei diritti della compagine condominiale.

La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, ribadito più volte come nell’ipotesi in cui la creazione di un varco nel muro comune sia finalizzata a mettere in collegamento unità immobiliari di proprietà del medesimo condomino ma collocate in due diversi edifici condominiali possa creare i presupposti per l’indebita costituzione di una servitù a carico dei beni comuni e a favore di soggetti terzi estranei alla compagine condominiale.

In casi del genere, di conseguenza, l’unico modo per il proprietario di procedere nel pieno rispetto dei diritti degli altri condomini sarebbe quello di ottenere il consenso unanime dei medesimi all’attribuzione di un diritto reale (di servitù) in favore della compagine condominiale cui appartiene l’unità immobiliare alla quale lo stesso vorrebbe unire il proprio appartamento.

(10 m.ti w-l)

TEAMACAI

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Commenti

  1. ivana says

    Salve. Devo aprire un varco di 1.70 in un muro interno portante di 4.30 metri. Non c’è un’assemblea costituita. Per il genio civile occorrono le firme dei condomini. Mi chiedo ma occorrono le firme di tutti i condomini o dei due terzi come previsto dall’art.1136 c.c. Grazie.

  2. teamACAI says

    Stimata lettrice,
    giuridicamente la Cassazione ha già affrontato la problematica, risolvendo il contrasto esistente tra l’art. 1102 c.c. e l’art. 1120 c.c., con la sentenza 11 novembre 1994, n. 9497, la quale, in buona sostanza, ha affermato che senza l’autorizzazione del condominio non si può abbattere un intero muro, pur sostituendolo con altre travi per garantirne la funzione portante, mentre è consentito aprire piccole aperture nel muro anche senza autorizzazione del condominio.
    Così in motivazione: “L’art. 1102 cod. civ., invero, nel sancire il diritto di ogni partecipante alla comunione di servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne uso secondo il loro diritto, gli attribuisce la facoltà di apportarvi, a tal fine, le modificazioni necessarie al suo miglioramento ma non certamente quella di eliminarla, sa pure per sostituirla poi con altra di diversa consistenza e struttura. Correttamente, quindi, la Corte piemontese ha escluso l’applicabilità della citata norma un volta accertato incontestatamente che il Martino non si era limitato ed una semplice modifica per porre in comunicazione gli ambienti del proprio locale terraneo e per conferire ad essi maggior funzionalità, ma aveva arbitrariamente demolito, per una lunghezza di ben undici metri lineari e per un volume di circa diciassette mc, un muro che faceva da sostegno alla sovrastante soletta, a nulla rilevando che avesse poi provveduto a vicariare tale funzione con delle travi in ferro. E’ evidente, infatti, che l’abbattimento di un muro portante di edificio in condominio, incidendo sulla struttura essenziale della cosa comune e sulla sua precipua funzione, non può farsi rientrare nell’ambito delle facoltà concesse al singolo partecipante alla comunione dal citato art. 1102 cod. civ. – il quale, come si è detto, consente solo modificazioni non alteranti la destinazione della cosa e non impeditive del pari uso degli altri comunisti – ma costituisce vera e propria innovazione, soggetta, come tale, alle regole dettate dall’art. 1120 cod. civ. (v., per una fattispecie analoga, sen. 18 giugno 1982, n. 3741).”
    Peraltro, il vero problema in situazioni di questo tipo è che oggi gli Uffici Tecnici dei Comuni, di fronte al crescente fenomeno dei crolli di palazzine che interessa il nostro paese, tendono a richiedere precauzionalmente tale preventiva autorizzazione da parte del condominio.
    In tal caso, per ottenere tale autorizzazione non resta che produrre al condominio una perizia giurata da parte di un tecnico che asseveri la assoluta fattibilità in sicurezza dell’intervento e la mancanza di problematiche per la statica dell’edificio.

    Pertanto, non occorrerebbero le firme di tutti, ma in verità gli uffici comucali lo richiedono sempre.
    Saluti
    TEAMACAI
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  3. michele says

    Salve,
    sono un tecnico che avuto incarico da un condomino alla realizzazione e progettazione per un suo locale (uso commerciale) in un condominio.
    Esso possiede anche un accesso limitrofo alla parete del fabbricato di proprietà privata, lungo quanto la larghezza del fabbricato e titolo di proprietà. Vorrebbe aprire una porta nel muro condominiale (facciata esterna del fabbricato) al piano terra, per creare una nuova entrata (posteriore) al locale che dovrebbe realizzare.
    Ora la mia domanda è…… ci vorrebbe, la maggioranza in assemblea pari ai 2/3 dei millesimi, per poter aprire tale porta? secondo la nuova normativa per i condomini?

  4. teamACAI says

    Egr. Utente,
    non abbiamo inteso del tutto la domanda. Cosa intende quando dice che <<Esso possiede anche un accesso limitrofo alla parete del fabbricato di proprietà privata, lungo quanto la larghezza del fabbricato e titolo di proprietà>>? Intende forse che il condomino che le ha dato incarico ha un suolo (di sua esclusiva proprietà privata) che corre alle spalle del fabbricato e che vorrebbe utilizzare per entrare da dietro nel suo locale aprendo una nuova porta?
    Attendiamo chiarimenti per poterle rispondere correttamente.
    saluti
    TEAMACAI

  5. michele says

    Intendo che la committenza possiede in adiacenza al locale dove devo eseguire i lavori, un accesso pedonale esterno recintato e di proprietà esclusiva e privata (non del condominio), di metri 1.50 di larghezza e pari alla lunghezza del fabbricato, finendo come un vicolo ceco. Vorrebbero aprire una porta esterna su parete di tompagna condominiale (non portante), creando così, un secondo ingresso (retrostante) il locale. (da premettere che tale passaggio pedonale è sempre chiuso, perché non da accesso all’interno del fabbricato medesimo.
    Ora,Vi chiedo… dato che in assemblea c’e’ un condomino, che possiede n. 3 appartamenti nel fabbricato (con 400 millesimi), ed è contrario all’apertura di tale porta, mentre i rimanenti proprietari con il resto dei millesimi è favorevole a tale proposta, la mia domanda è!: … ci vuole la maggioranza in assemblea pari a 2/3 dei millesimi totali, per dare consenso ad aprire la porta, o devono essere tutti d’accordo con 1000 millesimi?
    P.S.::
    La parete dove vorrebbero aprire la porta non è, su affaccio alla via principale, ma in un vicolo laterale ceco, non guastando nemmeno l’aspetto estetico (architettonico) del fabbricato, perché non visibile dal fronte strada.

  6. teamACAI says

    Egr. Utente,
    il suo cliente non ha bisogno di alcuna autorizzazione per l’apertura di una semplice porta di tal fatta, salva diversa disposizione di un eventuale regolamento di condominio (e ciò ex art. 1102 c.c.). Né vi sarebbe lesione del decoro architettonico (essendo una parete di corte non visibile dall’esterno) o creazione di una servitù (nemini res sua servit).
    Può aprire la porta anche contro la volontà degli altri.
    saluti
    TEAMACAI

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