DISTACCO DAL RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO: PARTE I (NORME VECCHIE ED INUTILI)

Soft-Watch-at-the-Moment-of-Explosion-by-Salvador-Dali-OSA384_01Il riscaldamento è la più consistente voce di spesa del bilancio familiare e costituisce motivo di elevata conflittualità in ambito condominiale, ragion per cui il tema del distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento è di grande interesse.

Nei giorni successivi all’approvazione della Riforma del Condominio i media hanno molto amplificato tale argomento, sebbene l’argomento non abbia alcuna connotazione di novità e nemmeno, ormai, di fattibilità e convenienza, come ben sanno gli operatori del settore.

Il legislatore, infatti, ponendosi in controtendenza rispetto a tutta la più recente normativa sulle prestazioni energetiche degli edifici, ha semplicemente codificato un orientamento giurisprudenziale che si era consolidato negli anni, su presupposti tecnici e normativi tuttavia superati.

Ci troviamo infatti, con la riforma, a dover fare i conti con l’esistenza di un diritto “codificato” al distacco, in aperto contrasto con disposizioni comunitarie, nazionali e regionali. Infatti:

  • L’art. 26 punto 2 della legge 10/91 prevedeva originariamente il riferimento all’art. 8 della medesima legge, consentendo l’approvazione, con maggioranze ridotte, del progetto di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria. Tale riferimento è stato eliminato dall’art. 7 del D. Lgs. 29.11.2006 n. 311 (modificato dall’art. 27 comma 22 della l. 23.7.2009, n. 99).
  • La trasformazione dell’impianto centralizzato in impianti autonomi è espressamente esclusa, ai fini dei benefici fiscali, dagli interventi di riqualificazione energetica (art. 9 del decreto interministeriale 19.2.2007).
  • L’art. 4, comma 9, del DPR 2.4.2009, n. 59, stabilisce che la trasformazione in impianti con generazione di calore separata per singole unità abitative, in tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4 e, comunque, nel caso in cui sia presente un impianto di riscaldamento centralizzato di potenza di almeno 100 kW, è ammessa solo in presenza di cause tecniche o di forza maggiore, da evidenziarsi nella relazione tecnica attestante la rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo energetico che deve essere depositata in Comune ai sensi dell’art. 28 della L. 10/91.
  • In caso di distacco individuale dall’impianto centralizzato, l’art. 3, comma 2, lettera 2 del D. Lgs. 192/2005 prescrive l’obbligo di verifica del rendimento globale medio stagionale del nuovo impianto termico, che deve essere superiore a un determinato valore limite (semplificando, l’intero impianto deve essere ad alta efficienza energetica).
  • Le Regioni più virtuose, esercitando la concorrente potestà legislativa loro spettante in materia, hanno introdotto da tempo divieti o limitazioni all’installazione di impianti termici individuali. Si distinguono in particolare il Piemonte, con legge regionale 13/2007 e delibera di Giunta del 4.8.2009 n. 46-11968, punto 1.4 e la Lombardia con la delibera di Giunta n. IX/2601 del 30.11.2011; quest’ultima, all’art. 6, prevede che in caso di trasformazione da impianto centralizzato a impianti autonomi, o anche di distacco di una sola utenza dall’impianto centralizzato, è fatto obbligo al responsabile dell’impianto autonomo di realizzare preliminarmente una diagnosi energetica che metta a confronto le diverse soluzioni impiantistiche. Deve essere poi redatto, a seguito della trasformazione, l’ACE e la relazione di cui all’allegato B della DGR 8745/08 con l’indicazione delle motivazioni della soluzione prescelta.

Aggiungasi, poi, che occorre il rispetto delle normative vigenti sulle canne fumarie, di difficile (e comunque con implicazioni non indifferenti sull’estetica del condominio) attuazione pratica negli edifici che sono stati progettati ab origine con un sistema centralizzato di riscaldamento.

In verità, nemmeno vi era alcuna necessità di codificazione, per cui sarebbe stato preferibile continuare a lasciare alla giurisprudenza il compito di intervenire caso per caso, con una interpretazione adeguatrice e flessibile rispetto agli sviluppi tecnologici e normativi.

In questo modo sarebbe stato possibile, da parte dei giudici medesimi, rivedere il proprio orientamento alla luce dei cambiamenti intervenuti nell’ordinamento.

Tenuto conto della normativa sopra sintetizzata e di tutti i costi tecnico professionali e di installazione dell’impianto singolo, oltre che delle spese di conservazione, messa a norma e straordinaria manutenzione dell’impianto centralizzato (che il rinunciante rimane tenuto a corrispondere in quanto comproprietario dell’impianto medesimo), è più che fondato il dubbio che il passaggio all’autonomo sia ancora un’opzione fattibile, attuale ed economicamente vantaggiosa, giacchè più che il distacco risulta oggi più conveniente la contabilizzazione, oggi pressoché sempre possibile.

Cercheremo, allora, di analizzare la fattispecie in una serie di articoli successivi, tentando di sviscerare l’argomento in tutti i suoi risvolti; ne apparirà un quadro molto diverso da quanto semplicisticamente riportato dalle testate giornalistiche.

(13 m.ti w-l)

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