L’INTERESSE AD IMPUGNARE UNA DELIBERA CONDOMINIALE

Il condomino, il quale intenda proporre l’impugnativa di una delibera dell’assemblea per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese di gestione, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, interesse che presuppone la derivazione -dalla deliberazione assembleare- di un apprezzabile suo personale pregiudizio, in termini di mutamento della rispettiva posizione patrimoniale.

E’ quanto affermato dalla recente Cassazione n.6128 del 9 marzo 2017.

Il caso: il Tribunale di Bologna rigetta una impugnazione della deliberazione assembleare che aveva adottato un riparto delle spese di riscaldamento sulla base dei consumi (“solo in minima parte”) presunti,  evidenziando che i consumi “presunti” contabilizzati riguardassero altri tre condomini, e non le unità immobiliari di proprietà dei condomini impugnanti, che quindi nessun danno avevano ricevuto dal recepimento di quei dati, essendo i loro consumi stati contabilizzati in forza dei consumi effettivi e rilevati.

La Cassazione, nel confermare la sentenza, conferma il difetto dell’interesse ad agire in capo al condomino impugnante che, da un esito vittorioso, non avrebbe visto mutare la sua sfera giuridico-patrimoniale.

La sentenza solo in apparenza si muove in direzione opposta ad altri arresti in cui si è invece affermato che <<la legittimazione ad impugnare le delibere assembleari, per qualsiasi vizio implicante annullamento, è riservata ad ogni condominio dissenziente (o assente) senza alcuna limitazione in ordine all’immediata soggettiva incidenza del vizio; la giurisprudenza della Suprema Corte ha, del resto, da tempo chiarito che “la legittimazione ad agire attribuita dall’art. 1137 cod. civ. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell’atto impugnato, essendo l’interesse ad agire, richiesto dall’art. 100 cod. proc. civ. come condizione dell’azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall’accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni” (Cass. 10 febbraio 2010 n. 2999; in senso conforme Cass. 25 agosto 2005 n. 17276; Cass. 23 marzo 2001 n. 4270; Cass. 4 aprile 1997 n. 2912) (Corte Appello Roma, Sez. IV, 11.01.2012, per la quale “Ogni condòmino è da ritenersi interessato alla convocazione di tutti gli aventi diritto ai fini della garanzia che tutti i condòmini siano posti in condizioni di intervenire in assemblea”.

Ordunque: l’interesse ad agire per l’impugnazione della delibera è in re ipsa, coincidendo con l’interesse a rimuovere l’atto viziato, ovvero è necessario anche un quid pluris, e cioè il pregiudizio economico derivante dalla delibera viziata?

Invero, come si è accennato, l’antinomia è solo apparente, perché occorre distinguere i vizi meramente formali, per i quali l’interesse ad agire è in re ipsa ove il dissenziente abbia votato contro proprio per far valere tali vizi, dagli altri vizi di carattere sostanziale, per far valere i quali invece è necessario anche un danno latu sensu derivante dalla delibera asseritamente viziata.

E’ evidente infatti che non ci si può lamentare dei conteggi fatti se, rifacendoli, non cambia nulla per chi si lamenta!

Il testo integrale della sentenza n.6128 del 9 marzo 2017 è consultabile qui.

(6 m.ti w-l)

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